La crisi della matematica del V secolo


Le critiche di Platone

.

Nella Repubblica, Platone si sofferma sulla distinzione tra dialettica e metodo matematico, intendendo, con quest'ultima espressione, quel metodo che punta a conoscere esattamente il valore dei propri presupposti iniziali e a dedurne le conseguenze in modo rigoroso e nel giusto ordine (cfr, Taylor, Platone, Firenze, pp. 450-553). Le critiche di Platone si concentrano su quelli che gli appaiono i due limiti principali del pensiero matematico a lui noto ( ossia del pensiero matematico del V secolo, dei cui postulati già Zenone aveva dimostrato la contraddittorietà, e su cui molti degli ingegni del IV secolo, come Eudosso o Teeteto ed altri dell' Accademia, stavano lavorando nel tentativo di ricostruirlo interamente - che è poi la ricostruzione che ci è stata tramandata dagli Elementi di Euclide): i matematici sembrano incapaci di staccarsi dalle figure sensibili (questo "quadrato" o questa "diagonale" qui disegnati), benché le loro dimostrazioni vertano, in realtà, su oggetti generali (il quadrato e la diagonale) che non sono visibili e non possono essere colti se non con l'occhio della mente (Rep. VI, 510 D-C); i matematici basano tutto il loro ragionamento su certi "postulati" (ipothéseis) di cui essi "non danno alcuna ragione" (logos) e che sono assunti senza prova (VI, 510 C-D). La dialettica, invece, senza fare appello ad alcun aiuto sensibile per l'immaginazione (e quindi acquistando così una maggiore flessibilità) considera i postulati iniziali come punti di avvio per un'ulteriore approfondimento dell'indagine razionale, dandosi come compito il raggiungimento di verità senza presupposti (anipótheta) e, quindi, con procedimento discendente a partire dal risultato ottenuto , passa da idea ad idea attraverso altre idee fino a trovare la sua conclusione soltanto nelle idee (VI, 511 B-C).

Le ragioni storiche di queste critiche

Ogni linea retta finita può essere divisa in due parti uguali.
I geometri pitagorici senza dubbio accettavano questo presupposto.
Essi accettavano però anche il postulato:i punti sono "unità aventi una posizione".
Se così è, dato che un'unità non può venir spaccata in due, quando io "biseco AB nel punto C", C non può essere "un punto di AB", anzi in realtà non può essere nemmeno un "punto".<